Edizioni Veronelli
Luglio 2003
Le intimità dell’olio 4
Edizioni Veronelli n° 71, Fernando Pardini
“FAREWALL ANGELINA, the sky is erupting, I must go where it’s quiet”
Bob Dylan “Farewell Angelina”- 1965.
(Addio Angelina, il cielo sta eruttando, e io devo andare dove c’è quiete”)
Ci sono momenti in cui forte si fa lo straneamento. Oggi è uno di quei momenti. Possono durare a lungo. Sono fatti, potenze & prepotenze che segnano il mondo schiacciando sensibilità ed intelligenze, tempi roboanti nutriti da voci imperative e distruttive. Il cielo, incolpevole, sta eruttando guerre e petrolio, per un “ordine nuovo” che dicono futuribile e pacifico ma a cui mi sento di non appartenere.
Il mio straneamento non è l’effetto di una condizione psichica o psicologica mutata ma la consapevole conseguenza di una istintiva ribellione. Un muto, intimo dissenso che mi porta a non sentire mio quel mondo, a sfuggirgli, a non appartenergli. Naturale quindi rivolgersi al mondo che si ama, a quello capace di lenire gli struggimenti palesatigli per trasporli in meraviglia ed incanto. È l’amor di terra che mi spinge ad andare. E nei momenti stranianti si ha bisogno di stimoli forti, senza filtro, capaci con la loro evidenza di farti dimenticare, di renderti partecipe della bellezza e della naturalità - che pure (r)esistono- in maniera più violenta. Per questo ho desiderio delle nudità le più nude, delle vastità le più vaste, dei silenzi i più silenziosi.
Dalla terra so di poter ricevere la prova di forza, la purezza, la fatica contadina, il dolore e la semplicità delle cose belle - che poi sono i suoi frutti - per dimostrarmi che un’altra strada è possibile. Nel rispetto della terra - che è rispetto di uomini e culture differenti- e dall’ascolto attento dei suoi battiti potrò trarne nutrimento esistenziale e senso in più, appagamento e futuro, nuove Angeline da amare ancora e ancora.
Per questo il treno, la nave o il sogno di oggi mi ha condotto a sud. A sud ho la quiete che vorrei.
Sì, l’ho sfiorata, percepita, quale costa sottovento dopo tanto navigare, nella brillante e luminosa veste verdolina della Biancolella 2002 di Salvatore Murana, direttamente dalla contrada Martingana, giù all’isola di Pantelleria, al punto che pure il naso mi è sembrato colorarsi, intriso com’è di confortevoli umori floreali, fresche erbe di campo, buccia di cedro e balsami.
Mi ha regalato un insieme sfumato e di modulata estroversione. La sua bocca invece un velo sottile
salmodiante, ipnotico, dove ne ho apprezzato la sussurrata densità e l’equilibrio da incantesimo nelle sfumature di mandorla dolce, che accompagnano senza irrigidirsi una struttura accennata, senza muscoli, di brezza lieve, lontana da amare “amaritudini” o piccanti asperità. Così, quieta, pura….. delicatamente placata assieme alle mie vele sgonfie di vento.
E ancora mi sono confuso nell’abbraccio isolano - più grande di Sicilia - offertomi sincero dalla Cerasuola di Paceco 2001 di Fontanasalsa, lì dove i toni del verde si fanno più intensi e la trama oleica insistente e matura. Verde pure la matrice odorosa, con sinuose nuances di pomodoro, cacao e mandorla a contorno. Convincente la progressione palatale, in cui monta e coinvolge la nota piccante mantenendosi calibrata e lasciando spazio alla trama aromatica al naso appresa.
Dal Belice ho la Nocellara. Raccolta nel 2001 da Planeta nella contrada Capparrina. Denocciolata. Il suo verde è brillante, deciso; la trama odorosa ancora integra ma matura nel frutto, ch’è frutto verde d’oliva, con la foglia del pomodoro d’accompagno e la suggestiva nota di cacao sulla scia. Molto rigorosa la bocca, che non si concede a facili facilonerie ma procede compatta sulle note austere della mandorla amara, mantenendosi salda ed equilibrata fino alla fine, piacevolmente stuzzicante, in cui vi ho colto confortanti rivoli aromatici, come d’erbette selvatiche, ed un naturale mio compiacimento.
Dalla Puglia tarantina gli risponde la Nociara 2001 di Pezza della Pigna, ed io accorro per incontrarla.
Qui il fondo verde della robe sa assumere importanti riflessi giallo dorati, sì da impreziosirne i cromatismi e lasciarti un senso di appagamento non comune agli occhi. Qui lo spettro aromatico è leggiadro ed ancor fresco, d’umida accoglienza, quasi fosse rugiada odorosa, ed è bello confondersi nei profumi dei fiori suoi del campo che sembran colti ch’è un attimo, nei risvolti d’erbette campestri e
negli umori varietali di mandorla. Straordinaria la tessitura al palato, per cremosità e densità, leggerezza e soavità, armonia ed intenti.
Un olio conquistatore ed orgoglioso, quasi un baluardo di mediterranea essenza.
Della Puglia sfiorata di un giorno ormai lontano si fa più attuale il ricordo, e più forte la bramosia del ritorno, se solo mi accosto alla Ogliarola Salentina 2002 della Masseria Caposella.
Il suo verde assume un aspetto molto intenso, compatto, mentre il naso un ardore maschio eppur ammaliatore, di trame erbose che quasi fanno da sfondo ad una intrigante fantasia speziata.
Chiodo di garofano e pepe bianco tengono da prim’attori la scena, scena da cui spuntano la mandorla e la bacca in qualità di meritevoli comparse. Ha una bocca di estrema coerenza, in cui la frutta secca gioca di rimandi con il manto erboso della sua sostanza, a regalare una progressione certa -soprattutto a centro bocca- per poi dipanarsi più sottile e rarefatta nel finale, dove sul fondo ne cogli una soffusa, titillante scia piccante.
La Calabria di Altomonte imparo a conoscerla nel giallo/verdolino trasparente della Cassanese 2001 di Terre di Balbia, nel fulgido naso ioidico e ventoso che trascina con sé umori di sottobosco e nocciola su percettibili note di burro e cioccolato; nella bocca di insistente cremosità, carezzevole ed amorevolmente untuosa, in cui monta con dedizione ed impegno un onda amaricante ad invaderla e mutuarne il retrogusto, rendendola personale ed asciutta, di rigorosa dignità e mascolino abbraccio.
Dalla Basilicata mi arriva la Coratina 2001 di Terre di Arnolino, solida e personale nella verde essenza, da far tenere fisso lo sguardo, con un naso che è soffio, soffusa carezza da ascoltare senza sosta, voce sibilante nelle intimità silenziose e nella contadina pacatezza: lieve la macerazione dei fiori gialli, croccante la nocciola, lontana la scia di fieno, via via più intuitiva la polpa bianca dei richiami fruttati. Al gusto si manifesta austera ed aristocratica, di passo sicuro e cadenzato, giocato sul presenzialismo della frutta secca a donargli persistenze piacevolmente amare, e su una scia burrosa capace di rendere realtà la sensazione trasognante del bacio ricevuto.
Infine l’eruzione…. quel giallo dorato unito ai rapidi riflessi verdolini preludono ad un naso integro di grande espressività fruttata, intesa qui pure nel senso letterale del termine, dal momento in cui riesco a carpirne reminiscenze di pesca e mela. In bocca è decisamente potente, roboante, continuo e coinvolgente, di grande diffusione e suggestiva amaritudine, pure speziato, da associare a temperamenti forti che desiderino al loro fianco voci amiche e allo stesso tempo ammonitrici e severe, come se arrivassero direttamente dalle profondità della terra. È terra sarda, nuda, umorale e sincera.
La Bosana 2001 dei Fratelli Pinna è una bomba che esplode gagliarda e lascia in gola sensazioni che si contano in minuti.
È la bomba dei miei desideri pacifisti. È la guerra infinita degli oliveti ripensati. Insieme agli altri oli del nuovo Sud consapevole- quelli raccontati e quelli che racconterò - mi disegna il paesaggio che vorrei.
Ho ritrovato alfine Angelina, i miei amati ricami ed un cielo tutto nuovo.
Assaggi effettuati nel mese di aprile 2003
Bob Dylan “Farewell Angelina”- 1965.
(Addio Angelina, il cielo sta eruttando, e io devo andare dove c’è quiete”)
Ci sono momenti in cui forte si fa lo straneamento. Oggi è uno di quei momenti. Possono durare a lungo. Sono fatti, potenze & prepotenze che segnano il mondo schiacciando sensibilità ed intelligenze, tempi roboanti nutriti da voci imperative e distruttive. Il cielo, incolpevole, sta eruttando guerre e petrolio, per un “ordine nuovo” che dicono futuribile e pacifico ma a cui mi sento di non appartenere.
Il mio straneamento non è l’effetto di una condizione psichica o psicologica mutata ma la consapevole conseguenza di una istintiva ribellione. Un muto, intimo dissenso che mi porta a non sentire mio quel mondo, a sfuggirgli, a non appartenergli. Naturale quindi rivolgersi al mondo che si ama, a quello capace di lenire gli struggimenti palesatigli per trasporli in meraviglia ed incanto. È l’amor di terra che mi spinge ad andare. E nei momenti stranianti si ha bisogno di stimoli forti, senza filtro, capaci con la loro evidenza di farti dimenticare, di renderti partecipe della bellezza e della naturalità - che pure (r)esistono- in maniera più violenta. Per questo ho desiderio delle nudità le più nude, delle vastità le più vaste, dei silenzi i più silenziosi.
Dalla terra so di poter ricevere la prova di forza, la purezza, la fatica contadina, il dolore e la semplicità delle cose belle - che poi sono i suoi frutti - per dimostrarmi che un’altra strada è possibile. Nel rispetto della terra - che è rispetto di uomini e culture differenti- e dall’ascolto attento dei suoi battiti potrò trarne nutrimento esistenziale e senso in più, appagamento e futuro, nuove Angeline da amare ancora e ancora.
Per questo il treno, la nave o il sogno di oggi mi ha condotto a sud. A sud ho la quiete che vorrei.
Sì, l’ho sfiorata, percepita, quale costa sottovento dopo tanto navigare, nella brillante e luminosa veste verdolina della Biancolella 2002 di Salvatore Murana, direttamente dalla contrada Martingana, giù all’isola di Pantelleria, al punto che pure il naso mi è sembrato colorarsi, intriso com’è di confortevoli umori floreali, fresche erbe di campo, buccia di cedro e balsami.
Mi ha regalato un insieme sfumato e di modulata estroversione. La sua bocca invece un velo sottile
salmodiante, ipnotico, dove ne ho apprezzato la sussurrata densità e l’equilibrio da incantesimo nelle sfumature di mandorla dolce, che accompagnano senza irrigidirsi una struttura accennata, senza muscoli, di brezza lieve, lontana da amare “amaritudini” o piccanti asperità. Così, quieta, pura….. delicatamente placata assieme alle mie vele sgonfie di vento.
E ancora mi sono confuso nell’abbraccio isolano - più grande di Sicilia - offertomi sincero dalla Cerasuola di Paceco 2001 di Fontanasalsa, lì dove i toni del verde si fanno più intensi e la trama oleica insistente e matura. Verde pure la matrice odorosa, con sinuose nuances di pomodoro, cacao e mandorla a contorno. Convincente la progressione palatale, in cui monta e coinvolge la nota piccante mantenendosi calibrata e lasciando spazio alla trama aromatica al naso appresa.
Dal Belice ho la Nocellara. Raccolta nel 2001 da Planeta nella contrada Capparrina. Denocciolata. Il suo verde è brillante, deciso; la trama odorosa ancora integra ma matura nel frutto, ch’è frutto verde d’oliva, con la foglia del pomodoro d’accompagno e la suggestiva nota di cacao sulla scia. Molto rigorosa la bocca, che non si concede a facili facilonerie ma procede compatta sulle note austere della mandorla amara, mantenendosi salda ed equilibrata fino alla fine, piacevolmente stuzzicante, in cui vi ho colto confortanti rivoli aromatici, come d’erbette selvatiche, ed un naturale mio compiacimento.
Dalla Puglia tarantina gli risponde la Nociara 2001 di Pezza della Pigna, ed io accorro per incontrarla.
Qui il fondo verde della robe sa assumere importanti riflessi giallo dorati, sì da impreziosirne i cromatismi e lasciarti un senso di appagamento non comune agli occhi. Qui lo spettro aromatico è leggiadro ed ancor fresco, d’umida accoglienza, quasi fosse rugiada odorosa, ed è bello confondersi nei profumi dei fiori suoi del campo che sembran colti ch’è un attimo, nei risvolti d’erbette campestri e
negli umori varietali di mandorla. Straordinaria la tessitura al palato, per cremosità e densità, leggerezza e soavità, armonia ed intenti.
Un olio conquistatore ed orgoglioso, quasi un baluardo di mediterranea essenza.
Della Puglia sfiorata di un giorno ormai lontano si fa più attuale il ricordo, e più forte la bramosia del ritorno, se solo mi accosto alla Ogliarola Salentina 2002 della Masseria Caposella.
Il suo verde assume un aspetto molto intenso, compatto, mentre il naso un ardore maschio eppur ammaliatore, di trame erbose che quasi fanno da sfondo ad una intrigante fantasia speziata.
Chiodo di garofano e pepe bianco tengono da prim’attori la scena, scena da cui spuntano la mandorla e la bacca in qualità di meritevoli comparse. Ha una bocca di estrema coerenza, in cui la frutta secca gioca di rimandi con il manto erboso della sua sostanza, a regalare una progressione certa -soprattutto a centro bocca- per poi dipanarsi più sottile e rarefatta nel finale, dove sul fondo ne cogli una soffusa, titillante scia piccante.
La Calabria di Altomonte imparo a conoscerla nel giallo/verdolino trasparente della Cassanese 2001 di Terre di Balbia, nel fulgido naso ioidico e ventoso che trascina con sé umori di sottobosco e nocciola su percettibili note di burro e cioccolato; nella bocca di insistente cremosità, carezzevole ed amorevolmente untuosa, in cui monta con dedizione ed impegno un onda amaricante ad invaderla e mutuarne il retrogusto, rendendola personale ed asciutta, di rigorosa dignità e mascolino abbraccio.
Dalla Basilicata mi arriva la Coratina 2001 di Terre di Arnolino, solida e personale nella verde essenza, da far tenere fisso lo sguardo, con un naso che è soffio, soffusa carezza da ascoltare senza sosta, voce sibilante nelle intimità silenziose e nella contadina pacatezza: lieve la macerazione dei fiori gialli, croccante la nocciola, lontana la scia di fieno, via via più intuitiva la polpa bianca dei richiami fruttati. Al gusto si manifesta austera ed aristocratica, di passo sicuro e cadenzato, giocato sul presenzialismo della frutta secca a donargli persistenze piacevolmente amare, e su una scia burrosa capace di rendere realtà la sensazione trasognante del bacio ricevuto.
Infine l’eruzione…. quel giallo dorato unito ai rapidi riflessi verdolini preludono ad un naso integro di grande espressività fruttata, intesa qui pure nel senso letterale del termine, dal momento in cui riesco a carpirne reminiscenze di pesca e mela. In bocca è decisamente potente, roboante, continuo e coinvolgente, di grande diffusione e suggestiva amaritudine, pure speziato, da associare a temperamenti forti che desiderino al loro fianco voci amiche e allo stesso tempo ammonitrici e severe, come se arrivassero direttamente dalle profondità della terra. È terra sarda, nuda, umorale e sincera.
La Bosana 2001 dei Fratelli Pinna è una bomba che esplode gagliarda e lascia in gola sensazioni che si contano in minuti.
È la bomba dei miei desideri pacifisti. È la guerra infinita degli oliveti ripensati. Insieme agli altri oli del nuovo Sud consapevole- quelli raccontati e quelli che racconterò - mi disegna il paesaggio che vorrei.
Ho ritrovato alfine Angelina, i miei amati ricami ed un cielo tutto nuovo.
Assaggi effettuati nel mese di aprile 2003