Edizioni Veronelli
Ottobre 2003
Le intimità dell’olio 6
Edizioni Veronelli n° 73, Fernando Pardini
Devo ammetterlo.
Una delle soddisfazioni più grandi, da un po’ di tempo a questa parte, è incuriosirmi delle cose nuove, e nel contempo fare incuriosire, condividendole.
L’atto della degustazione consapevole è certamente un atto individuale, intimo, in cui di entrambi i protagonisti - degustatore e degustato - si mischiano conoscenze, intuizioni, stati d’animo, convergenze, umori. Le storie che ne derivano sono sempre storie personali, suggestioni filtrate.
Così ha da essere, ed è bellissimo trarne storie, perché introiezione e racconto contribuiscono maledettamente a lenire lo struggimento che ti prende se solo pensi alla tua non appartenenza alle cose che ami. C’è però un altro aspetto, più conviviale e libertino, che mi dà altrettanta soddisfazione. Condividere con gli altri il frutto di una esperienza sensoriale. Estenderla. Attendersi da quell’incontro nuove storie, nuove parole, nuove smorfie, nuove emozioni, aspetti altri di una personalità magari non carpiti prima. È questo mulinare di esperienze che rinforza le amicizie e conferisce dignità ai frutti che incontri e condividi.
Se è assoluta meraviglia quella che si prova nel sentire che c’è una strada, lo è parimenti nel percepire che c’è una consapevolezza montante.
Pensate che nella mia Versilia, da qualche anno a questa parte, si tiene un evento oliandolo che ha assunto con il tempo rilievo nazionale, chiamato Enolia. Quest’anno la mia AcquaBuona vi ha collaborato ai fini di divulgazione mediatica ed organizzativa.
Ebbene, nelle cose che ho visto, nel grande fermento, nel fitto vociare e nell’affluenza straripante della gente (quasi fossimo ad un evento vinoso!) per la prima volta ho provato orgoglio per il mio piccolo, sonnacchioso paesello, e un pizzico di nostalgia, perché ne ho riscoperto angoli nascosti di evidente singolarità.
Ma soprattutto ho scoperto che l’olio di oliva, quel giorno, nelle sue mutevoli espressioni, è stato capace di dipingere una terra di nuovi colori ed accenderla di nuovi interessi. Ha creato, nel suo piccolo, consapevolezza, curiosità, noise. Tutti, ma proprio tutti, prevalentemente semplici curiosi, famiglie in gita fuori porta, affatto avvezzi alle cose dell’olio, se ne sono ritornati a casa intessendo discussioni sopra discussioni. Ne ho carpito molteplici frammenti, sui perché, sul senso nuovo di degustazioni così particolari e sui sensi tutti risvegliati: “ma hai sentito i monocultivar?”; “ma con quali olive è stato fatto?” ; “da dove viene?”; “però che etichetta!” o meglio ancora “come è forte quell’olio, e come è delicato quell’altro. Come mai?”; “uhei, quello ha un acidità 0,1!” e via discorrendo...
addirittura qualcuno ha masticato - e non era ubriaco - la parola “polifenoli”.
Sì, anche da queste avvisaglie capisci che c’è una strada. Basta solo percorrerla e farla percorrere. All’occorrenza, assicurarne la continua tracciatura. Per il bene della terra, per la dignità dei suoi frutti, per amicizie tutte nuove. Chiunque abbia penne da scrivere oggi ha un obbligo: informare, parlare. Per chi non ha orecchie e per chi sa ascoltare.
Io nel frattempo vi dico di frantoi in purezza, non nel senso di opifici ma di oli. Perché ho intravisto orizzonti ed accarezzato vertici, che qui provo a raccontare.
La Fattoria Casamora, da Pian di Scò, provincia di Arezzo, mi ha consentito di fare un’esperienza che attendevo da tempo: una mini verticale di oli, esperienza che potrei anche chiosare con “vertici in verticale”. Il Frantoio Regale 2002, denocciolato, mi ha accolto con un colore verde illuminato da giovani sferzate gialle e con un naso pimpante, presente, continuo, verde di frutto e pure caldo nelle fragranze mediterranee di fiori gialli e nocciola. Mi ha lasciato una bocca equilibratissima, d’accompagno, senza fretta alcuna; solo uno sviluppo progressivo e mai pungente, un solido carattere ed un umore varietale, ancora di oliva, cremoso e dolce, per un finale di accorta pungenza, di quelli che ti portano alla riprova.
Il Frantoio Regale 2001 è meno sgargiante nella base sua gialla, dal momento che vi insistono di più le tonalità verdi, però ti rende un bicchiere dal colore profondo, denso.
Il naso qui è più rilassato, quasi un’onda lunga, che riesce a portarti senza fragori di spuma, lasciandoti carpire ogni piccola sfumatura sottostante, dalle fragranze di mela a quelle di rosa, dagli umori officinali alla mandorla, unite in melodiosa cantilena, sussurrata ed affascinante. La bocca conserva una densità tattile ammirevole; seppur molto simile come dinamica evolutiva al 2002 mi sottolinea una accentatura più austera, peraltro mai scoperta da nervi amari per via del volume che fa la differenza, mantenendosi sorprendentemente dolce nell’incedere, sia pur di “nerbo frantoiano”.
Il Frantoio Supremum 2002, ancora da Casamora, non denocciolato, assume una veste dichiaratamente verde, profonda, più scura delle altre. Nel suo naso una continuità ed una presenza contadine, un richiamo forte e nerboruto, rustico con stile, con le erbe fresche in evidenza ed il cuore della cultivar che batte. Così è al palato, dove mette in evidenza un maggiore afflato di frutta secca, ciò che ne rende l’incedere meno dolce e più amaro, lasciandoti il ricordo di un olio vigoroso, di buona cremosità, di assoluto orgoglio ed appartenenza. Quasi nudo.
Sorprendente e delizioso si fa il Frantoio Supremum 2001, perché nell’armonia raggiunta ti regala la sfumatura, la complicità, il conforto. Lo senti dalle ondate aromatiche che continuamente ritornano alle nari, e dalla loro suggestiva composizione: floreale in primo luogo, ma anche fruttata, bianca, da carpire in profondità, attentamente, soffermandoti, conturbandoti negli intrichi, e nei modi, persino delicati. La bocca mi si rivela di eccellente fluidità, ricca di carattere, diretta, spedita e sostenuta fino alla montata pungente, molto intrigante, che ti invade senza lasciare amaritudini ma solo la scorza (o l’anima) di un oliva forte e volitiva, che sa assumere - guarda un po’ - connotati di istintiva, elegiaca raffinatezza.
Due suggestioni liquide costiere: il Frantoio 2002 di Fabio Giuntini (tel.0565 855448) vien dalla Val di Cornia che sta alle spalle di Venturina e respira livornese. A conoscerlo, Fabio mi è sembrato un giovane umile ed appassionato. È il primo tentativo questo, insieme ad altri due oli di cui vi dirò un’altra volta, di coglierne l’essenza in purezza. So che crescerà.
Nel frattempo, dal bicchiere ho di ritorno un giallo espressivo e sincero ed un naso semplice ma comunicativo. Non avrà forse il dono della sfumatura o della profondità - resta come sospeso nel subitaneo
umore di oliva, corroborato da rivoli erbacei ed altri, meno nobili, di petrolio - però dimostra dignità ed attaccamento. La bocca, fin troppo fluida, è diretta e poco decisa sulle rotte del frutto, eppur mi concede un velo sottile di soffusa densità, passando sì veloce non dimenticandosi però della compostezza, del garbo, o della tipica pungenza.
Il Frantoio 2002 della Fattoria Marruchetone (tel. 0571 44711) proviene dalla tenuta disposta ai piedi del borgo vecchio di Capalbio, già grossetano, ed il suo giallo vira all’oro antico mentre il verde è solo d’accompagno. Il suo naso è un naso pensieroso, riflessivo, calmo e dedicato: macerazione lieve di fiori gialli, velo di carciofo ed ortaggi freschi in un intrico amabile e composto, senza fretta di emergere, solo una diffusiva circuizione. Bella la dolcezza e la souple, se stai alla bocca, che mastichi felice perché sa condurti salmodiando fino a certi picchi di accorta pungenza - nessun tramortimento - e a sottofondi di frutta secca, via via più pepati, dei quali bramerai il reincontro.
A questo olio così caratteriale e bello - Andrea Barbuti lo sa - dovrà solo corrispondere un’etichetta adeguata, più ciarliera, esplicativa, chiara. A sottolinearne essenza e differenza.
Infine ho conosciuto il Frantoio 2001 de Le Balze di Paciano, umbro. Lui sì denocciolato. Luminoso e puro nell’apparenza, si è rivelato armonico e ricco quando l’ho avvicinato, per via della fusione amorosa dei fiori e dei frutti, pure agrumati, e di quel suo dichiararsi con garbo ed orgoglio insieme. E poi c’è quella bocca….quella invasione di crema e nocciola, burro e terra: una lunga, lunghissima carezza guantata, che letteralmente ti possiede.
Sì, è l’universo nuovo delle nuove frantoiane. Determinazione, terra, impronta, piena individualità. Sono orizzonti e vertici. Tali da acquisire la dignità che auspico nei sogni miei: quella dell’appartenenza e della singolarità. In loro, già adesso, sta la capacità la più grande, quella di far dire ai tanti amici miei, ignari come e più di me delle cose dell’olio, messi di fronte all’esperienza nuova: “ah, ma questo è l’olio?”. Quasi ad intuirne il senso in più, la diversità, ed istintivamente entusiasmarsi per quella scoperta. In un attimo, come per incanto, appaiono come rimosse tutte le ovvietà, tutte le finte “tradizioni”, tutte le imposizioni di un mercato che nasconde senza rivelare le sue tristi nudità. Quasi ad accorgersi che c’è un’altra strada, e che quella strada, ben presto, punterà dritta verso il cielo.
Assaggi effettuati nel mese di agosto 2003
Una delle soddisfazioni più grandi, da un po’ di tempo a questa parte, è incuriosirmi delle cose nuove, e nel contempo fare incuriosire, condividendole.
L’atto della degustazione consapevole è certamente un atto individuale, intimo, in cui di entrambi i protagonisti - degustatore e degustato - si mischiano conoscenze, intuizioni, stati d’animo, convergenze, umori. Le storie che ne derivano sono sempre storie personali, suggestioni filtrate.
Così ha da essere, ed è bellissimo trarne storie, perché introiezione e racconto contribuiscono maledettamente a lenire lo struggimento che ti prende se solo pensi alla tua non appartenenza alle cose che ami. C’è però un altro aspetto, più conviviale e libertino, che mi dà altrettanta soddisfazione. Condividere con gli altri il frutto di una esperienza sensoriale. Estenderla. Attendersi da quell’incontro nuove storie, nuove parole, nuove smorfie, nuove emozioni, aspetti altri di una personalità magari non carpiti prima. È questo mulinare di esperienze che rinforza le amicizie e conferisce dignità ai frutti che incontri e condividi.
Se è assoluta meraviglia quella che si prova nel sentire che c’è una strada, lo è parimenti nel percepire che c’è una consapevolezza montante.
Pensate che nella mia Versilia, da qualche anno a questa parte, si tiene un evento oliandolo che ha assunto con il tempo rilievo nazionale, chiamato Enolia. Quest’anno la mia AcquaBuona vi ha collaborato ai fini di divulgazione mediatica ed organizzativa.
Ebbene, nelle cose che ho visto, nel grande fermento, nel fitto vociare e nell’affluenza straripante della gente (quasi fossimo ad un evento vinoso!) per la prima volta ho provato orgoglio per il mio piccolo, sonnacchioso paesello, e un pizzico di nostalgia, perché ne ho riscoperto angoli nascosti di evidente singolarità.
Ma soprattutto ho scoperto che l’olio di oliva, quel giorno, nelle sue mutevoli espressioni, è stato capace di dipingere una terra di nuovi colori ed accenderla di nuovi interessi. Ha creato, nel suo piccolo, consapevolezza, curiosità, noise. Tutti, ma proprio tutti, prevalentemente semplici curiosi, famiglie in gita fuori porta, affatto avvezzi alle cose dell’olio, se ne sono ritornati a casa intessendo discussioni sopra discussioni. Ne ho carpito molteplici frammenti, sui perché, sul senso nuovo di degustazioni così particolari e sui sensi tutti risvegliati: “ma hai sentito i monocultivar?”; “ma con quali olive è stato fatto?” ; “da dove viene?”; “però che etichetta!” o meglio ancora “come è forte quell’olio, e come è delicato quell’altro. Come mai?”; “uhei, quello ha un acidità 0,1!” e via discorrendo...
addirittura qualcuno ha masticato - e non era ubriaco - la parola “polifenoli”.
Sì, anche da queste avvisaglie capisci che c’è una strada. Basta solo percorrerla e farla percorrere. All’occorrenza, assicurarne la continua tracciatura. Per il bene della terra, per la dignità dei suoi frutti, per amicizie tutte nuove. Chiunque abbia penne da scrivere oggi ha un obbligo: informare, parlare. Per chi non ha orecchie e per chi sa ascoltare.
Io nel frattempo vi dico di frantoi in purezza, non nel senso di opifici ma di oli. Perché ho intravisto orizzonti ed accarezzato vertici, che qui provo a raccontare.
La Fattoria Casamora, da Pian di Scò, provincia di Arezzo, mi ha consentito di fare un’esperienza che attendevo da tempo: una mini verticale di oli, esperienza che potrei anche chiosare con “vertici in verticale”. Il Frantoio Regale 2002, denocciolato, mi ha accolto con un colore verde illuminato da giovani sferzate gialle e con un naso pimpante, presente, continuo, verde di frutto e pure caldo nelle fragranze mediterranee di fiori gialli e nocciola. Mi ha lasciato una bocca equilibratissima, d’accompagno, senza fretta alcuna; solo uno sviluppo progressivo e mai pungente, un solido carattere ed un umore varietale, ancora di oliva, cremoso e dolce, per un finale di accorta pungenza, di quelli che ti portano alla riprova.
Il Frantoio Regale 2001 è meno sgargiante nella base sua gialla, dal momento che vi insistono di più le tonalità verdi, però ti rende un bicchiere dal colore profondo, denso.
Il naso qui è più rilassato, quasi un’onda lunga, che riesce a portarti senza fragori di spuma, lasciandoti carpire ogni piccola sfumatura sottostante, dalle fragranze di mela a quelle di rosa, dagli umori officinali alla mandorla, unite in melodiosa cantilena, sussurrata ed affascinante. La bocca conserva una densità tattile ammirevole; seppur molto simile come dinamica evolutiva al 2002 mi sottolinea una accentatura più austera, peraltro mai scoperta da nervi amari per via del volume che fa la differenza, mantenendosi sorprendentemente dolce nell’incedere, sia pur di “nerbo frantoiano”.
Il Frantoio Supremum 2002, ancora da Casamora, non denocciolato, assume una veste dichiaratamente verde, profonda, più scura delle altre. Nel suo naso una continuità ed una presenza contadine, un richiamo forte e nerboruto, rustico con stile, con le erbe fresche in evidenza ed il cuore della cultivar che batte. Così è al palato, dove mette in evidenza un maggiore afflato di frutta secca, ciò che ne rende l’incedere meno dolce e più amaro, lasciandoti il ricordo di un olio vigoroso, di buona cremosità, di assoluto orgoglio ed appartenenza. Quasi nudo.
Sorprendente e delizioso si fa il Frantoio Supremum 2001, perché nell’armonia raggiunta ti regala la sfumatura, la complicità, il conforto. Lo senti dalle ondate aromatiche che continuamente ritornano alle nari, e dalla loro suggestiva composizione: floreale in primo luogo, ma anche fruttata, bianca, da carpire in profondità, attentamente, soffermandoti, conturbandoti negli intrichi, e nei modi, persino delicati. La bocca mi si rivela di eccellente fluidità, ricca di carattere, diretta, spedita e sostenuta fino alla montata pungente, molto intrigante, che ti invade senza lasciare amaritudini ma solo la scorza (o l’anima) di un oliva forte e volitiva, che sa assumere - guarda un po’ - connotati di istintiva, elegiaca raffinatezza.
Due suggestioni liquide costiere: il Frantoio 2002 di Fabio Giuntini (tel.0565 855448) vien dalla Val di Cornia che sta alle spalle di Venturina e respira livornese. A conoscerlo, Fabio mi è sembrato un giovane umile ed appassionato. È il primo tentativo questo, insieme ad altri due oli di cui vi dirò un’altra volta, di coglierne l’essenza in purezza. So che crescerà.
Nel frattempo, dal bicchiere ho di ritorno un giallo espressivo e sincero ed un naso semplice ma comunicativo. Non avrà forse il dono della sfumatura o della profondità - resta come sospeso nel subitaneo
umore di oliva, corroborato da rivoli erbacei ed altri, meno nobili, di petrolio - però dimostra dignità ed attaccamento. La bocca, fin troppo fluida, è diretta e poco decisa sulle rotte del frutto, eppur mi concede un velo sottile di soffusa densità, passando sì veloce non dimenticandosi però della compostezza, del garbo, o della tipica pungenza.
Il Frantoio 2002 della Fattoria Marruchetone (tel. 0571 44711) proviene dalla tenuta disposta ai piedi del borgo vecchio di Capalbio, già grossetano, ed il suo giallo vira all’oro antico mentre il verde è solo d’accompagno. Il suo naso è un naso pensieroso, riflessivo, calmo e dedicato: macerazione lieve di fiori gialli, velo di carciofo ed ortaggi freschi in un intrico amabile e composto, senza fretta di emergere, solo una diffusiva circuizione. Bella la dolcezza e la souple, se stai alla bocca, che mastichi felice perché sa condurti salmodiando fino a certi picchi di accorta pungenza - nessun tramortimento - e a sottofondi di frutta secca, via via più pepati, dei quali bramerai il reincontro.
A questo olio così caratteriale e bello - Andrea Barbuti lo sa - dovrà solo corrispondere un’etichetta adeguata, più ciarliera, esplicativa, chiara. A sottolinearne essenza e differenza.
Infine ho conosciuto il Frantoio 2001 de Le Balze di Paciano, umbro. Lui sì denocciolato. Luminoso e puro nell’apparenza, si è rivelato armonico e ricco quando l’ho avvicinato, per via della fusione amorosa dei fiori e dei frutti, pure agrumati, e di quel suo dichiararsi con garbo ed orgoglio insieme. E poi c’è quella bocca….quella invasione di crema e nocciola, burro e terra: una lunga, lunghissima carezza guantata, che letteralmente ti possiede.
Sì, è l’universo nuovo delle nuove frantoiane. Determinazione, terra, impronta, piena individualità. Sono orizzonti e vertici. Tali da acquisire la dignità che auspico nei sogni miei: quella dell’appartenenza e della singolarità. In loro, già adesso, sta la capacità la più grande, quella di far dire ai tanti amici miei, ignari come e più di me delle cose dell’olio, messi di fronte all’esperienza nuova: “ah, ma questo è l’olio?”. Quasi ad intuirne il senso in più, la diversità, ed istintivamente entusiasmarsi per quella scoperta. In un attimo, come per incanto, appaiono come rimosse tutte le ovvietà, tutte le finte “tradizioni”, tutte le imposizioni di un mercato che nasconde senza rivelare le sue tristi nudità. Quasi ad accorgersi che c’è un’altra strada, e che quella strada, ben presto, punterà dritta verso il cielo.
Assaggi effettuati nel mese di agosto 2003