Rassegna Stampa
Dicembre 2000
Pianeta olio
da “Slow Ark” del 13 Dicembre 2000, Diego Soracco e Serena Milano
Numeri, mercati, leggi, cultivar, aree di produzione vecchie e nuove del più mediterraneo dei condimenti.
E’ soltanto l’ottavo posto nei consumi del mondo, preceduto da diversi oli di semi. Ma il suo mercato cresce impetuosamente, trainato dal successo della dieta mediterranea. Cresce anche in paesi lontanissimi dalla cultura dell’olio d’oliva, come il Giappone, la Svezia, la Germania. E insieme al consumo cresce anche la produzione: più 5% nel solo 2001. L’olivo, naturalmente, si coltiva soprattutto nell’area mediterranea, (con la Spagna in testa), ma gli impianti si stanno moltiplicando anche nel Nuovo Mondo, soprattutto in Australia e in California. I consumatori aumentano, ma purtroppo la conoscenza è scarsa. Anche i più preparati danno retta ad indicazioni fuorvianti (come la spremitura a freddo) e non si occupano dell’elemento più importante: dove e come sono state coltivate le olive. E poi c’è la maggioranza, quella che ha abbandonato da poco l’olio di semi (anche se continua a credere che per friggere sa più leggero), ma che si ostina a cercare i prodotti meno cari.
Tutti sanno che l’olio di oliva è qualcosa ce vale un po’ meno dell’olio extravergine, ma quasi nessuno conosce la differenza reale ed il significato di parole come lampante, vergine, extravergine, sansa. D’altra parte le etichette sono vaghe. I produttori non sono obbligati a specificare la provenienza dell’olio e delle olive e quasi sempre non lo fanno.
L’olio, dunque, non è ancora uscito dallo stadio primordiale di alimento per entrare nella sfera del piacere organolettico.
Le guide hanno il compito di anticipare i tempi, spiegando che non esiste un solo extravergine, ma tanti diversi, che cambia a seconda delle cultivar, delle tecniche di coltivazione e lavorazione, del produttore, dell’area geografica…
E che bisogna imparare a conoscerli, ad abbinarli correttamente. L’industria, come spesso accade, ha annusato l’aria e sta giocando d’anticipo: De Crescenzo, nello spot di Bertolli, distingue tra dolce e fruttato, Isnardi propone il carrello delle Dop nei ristoranti, e così via… Ma i piccoli artigiani stanno ancora difendendo l’extravergine in quanto tale, come se i viticoltori dovessero tutelare il vino di uva, e non ragionare di vitigni, cru, annate, annaffiamenti…
Questa inchiesta prova a fare il punto sulla produzione mondiale: sui consumi, sulle importazioni, sulla qualità media nelle varie nazioni, sulle cultivar più importanti, sulla normativa attuale. E lo fa coinvolgendo anche interlocutori molto diversi, se non opposti punti di vista, a partire dal padre del giornalismo enogastronomico italiano Gino Veronelli e dell’industriale dell’olio Gianfranco Carli.
E’ soltanto l’ottavo posto nei consumi del mondo, preceduto da diversi oli di semi. Ma il suo mercato cresce impetuosamente, trainato dal successo della dieta mediterranea. Cresce anche in paesi lontanissimi dalla cultura dell’olio d’oliva, come il Giappone, la Svezia, la Germania. E insieme al consumo cresce anche la produzione: più 5% nel solo 2001. L’olivo, naturalmente, si coltiva soprattutto nell’area mediterranea, (con la Spagna in testa), ma gli impianti si stanno moltiplicando anche nel Nuovo Mondo, soprattutto in Australia e in California. I consumatori aumentano, ma purtroppo la conoscenza è scarsa. Anche i più preparati danno retta ad indicazioni fuorvianti (come la spremitura a freddo) e non si occupano dell’elemento più importante: dove e come sono state coltivate le olive. E poi c’è la maggioranza, quella che ha abbandonato da poco l’olio di semi (anche se continua a credere che per friggere sa più leggero), ma che si ostina a cercare i prodotti meno cari.
Tutti sanno che l’olio di oliva è qualcosa ce vale un po’ meno dell’olio extravergine, ma quasi nessuno conosce la differenza reale ed il significato di parole come lampante, vergine, extravergine, sansa. D’altra parte le etichette sono vaghe. I produttori non sono obbligati a specificare la provenienza dell’olio e delle olive e quasi sempre non lo fanno.
L’olio, dunque, non è ancora uscito dallo stadio primordiale di alimento per entrare nella sfera del piacere organolettico.
Le guide hanno il compito di anticipare i tempi, spiegando che non esiste un solo extravergine, ma tanti diversi, che cambia a seconda delle cultivar, delle tecniche di coltivazione e lavorazione, del produttore, dell’area geografica…
E che bisogna imparare a conoscerli, ad abbinarli correttamente. L’industria, come spesso accade, ha annusato l’aria e sta giocando d’anticipo: De Crescenzo, nello spot di Bertolli, distingue tra dolce e fruttato, Isnardi propone il carrello delle Dop nei ristoranti, e così via… Ma i piccoli artigiani stanno ancora difendendo l’extravergine in quanto tale, come se i viticoltori dovessero tutelare il vino di uva, e non ragionare di vitigni, cru, annate, annaffiamenti…
Questa inchiesta prova a fare il punto sulla produzione mondiale: sui consumi, sulle importazioni, sulla qualità media nelle varie nazioni, sulle cultivar più importanti, sulla normativa attuale. E lo fa coinvolgendo anche interlocutori molto diversi, se non opposti punti di vista, a partire dal padre del giornalismo enogastronomico italiano Gino Veronelli e dell’industriale dell’olio Gianfranco Carli.